Invito alla lettura dell'Esortazione post-sinodale

Il teologo e docente Paolo Mirabella riflette sul percorso che ha portato alla redazione dell'"Amoris Laetitia"

di Paolo Mirabella 14/04/2016

Dopo il Sinodo straordinario dell’autunno 2014 e quello ordinario dello scorso ottobre 2015, ecco il documento tanto atteso con cui papa Francesco raccoglie le indicazioni emerse dal dibattito sinodale, le rielabora e le presenta alla Chiesa intera. Si tratta dell’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetizia. 35 anni dopo la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, papa Francesco ci consegna un nuovo documento sulla famiglia. Un testo che, già nel titolo, opta per un linguaggio non giuridico-normativo, ma evocativo di una promessa. In effetti, i 9 capitoli e i 325 paragrafi che lo compongono, appaiono attraversati dalla preoccupazione di evidenziare tutta la bellezza dell’amore. In questo senso, il messaggio d'insieme è interamente condensato nell’incipit: la gioia dell’amore (Amoris laetitia), ma anche la fecondità e la creatività dell’amore (la parola latina «laetitia» è ricca di significati). In questo titolo si ripropone così l’essenza della promessa cristiana trasmessa dalla Chiesa: nell’amore la vera gioia.

Ovviamente non un amore qualsiasi, ma quello proposto dal Vangelo. Quello, appunto, per dirla con la precedente esortazione dello stesso papa Francesco, dell’Evanglii gaudium. Due genitivi (del Vangelo e dell’Amore) che si sovrappongono, con la funzione di specificare la sorgente originaria della gioia e della letizia che non ci sarà tolta. Non a caso, sebbene la pubblicazione dell’Amoris laetitia sia avvenuta lo scorso 8 aprile, la data riportata nel documento è quella del 19 marzo, festa di s. Giuseppe. Festa di un uomo il cui amore non ha fatto rumore, ma che nell’umiltà di un’ «ordinaria» quotidianità ha saputo accogliere la sua promessa sposa e con lei il Figlio dell’Altissimo.

Per coloro che intendessero intraprendere la lettura del documento (obbligatoria per tutti «gli addetti ai lavori»: sposi in primis), ci permettiamo di offrire alcuni suggerimenti. Evitare, innanzitutto, la tentazione di letture parziali del testo, soprattutto se volte a ricercare, selettivamente, le risposte alle questioni cosiddette scottanti. Questa lettura a «segmenti», finisce per far perdere l’intero del messaggio entro il quale vanno, invece, colti gli insegnamenti dottrinali e le indicazioni pastorali più puntuali. È dall’insieme che trae luce il particolare e a questo stesso si potrebbero attribuire significati anche distorti se estrapolato dal contesto globale in cui è inserito.

In secondo luogo, la lunghezza del documento e lo stile linguistico di papa Francesco, suggeriscono una lettura non affrettata. Nella fretta non c’è il tempo di cogliere ciò che è davvero importante. E nel testo di questa Esortazione le cose importanti non mancano. Come non mancano le innovazioni, a partire dalla prospettiva globale che essa intende mediare: «nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano» (AL, n. 3).

Infine, non dobbiamo lasciare che la nostra lettura sia condizionata dall’attesa della novità «stravagante», non coerente con la tradizione della Chiesa, né, tanto meno, dall’attesa della «novità comoda» che metterebbe a tacere l’esigenza evangelica della conversione. Quello che dobbiamo attenderci da questo nuovo documento sulla famiglia è la proposta di uno stile evangelico, sia ecclesiale sia familiare (nel testo i due registri spesso si sovrappongono). Uno stile efficace e significativo per il tempo che viviamo. Non un adattamento del Vangelo ai nostri giorni, né tanto meno un prontuario (con questa esortazione papa Francesco non intende aggiungere nuove norme), ma una rivisitazione del vissuto reale delle famiglie di oggi alla luce dell’insegnamento di Cristo (AL, Cap. I).

All’origine dell’urgenza di un tale intervento magisteriale, la rapida e profonda trasformazione dei costumi sociali rispetto al tempo della pubblicazione della Familiaris consortio. Tra le molte ragioni di questo cambiamento, il peso di una crisi economica che ci attanaglia ormai da parecchi anni, il fenomeno assai imponente dell’immigrazione, il sempre più intenso e costante processo di globalizzazione, l’emergenza ambientale e, non da ultimo, l’indebolimento dei legami alimentato da quell’antropologia, dai tratti sempre più individualistici, che va via via affermandosi. Nuovi costumi e nuove esigenze dalle forti ripercussioni sui vissuti familiari.

Se, per queste e altre ragioni, «nulla è più come prima», la Chiesa continua a volersi sforzare di intercettare i cambiamenti e di raccogliere le esigenze che essi comportano per farsi voce, dentro le pieghe di un’umanità spesso ferita, della presenza dell’amore misericordioso di Dio. Così, attraverso questa documento, il papa continua ad esortare la comunità cristiana a sostenere l’uomo nella sua ricerca della felicità (Gaudium e Laetitiae) affermando che, qualunque sia la condizione in cui egli si trova, «nulla è perduto». E ancora, ribadendo che proprio nella vita di famiglia si ritrova la grammatica degli affetti che colorano l’esistenza dell’uomo sia nei rapporti più intimi, sia in quelli sociali (AL, Capp. IV e V).

Di qui la gioia di quell’alleanza di coppia che ha il suo compimento nel sacramento del matrimonio, ma che per tutti resta un ideale da perseguire più che una meta raggiunta. Per questa ragione («siamo tutti in cammino») l’esortazione Amoris laetita invita a non emarginare altre forme di relazione familiare, come le convivenze, esperienze aperte alla possibilità di una maggiore pienezza, o come le coppie che, avendo alle spalle un matrimonio fallito, desiderano raggiungere, nella Chiesa, una sempre più profonda riconciliazione con Cristo e vivere nella sua pace.

Una condizione/aspirazione che, ancora una volta, vale per tutti i discepoli di Gesù («chi è senza peccato scagli la prima pietra»: Gv 8,7). Ecco, allora,  che la parola chiave dell’Amoris laetitia è misericordia, unica reazione veramente cristiana a fronte delle tante lacrime causate dall’amore ferito (AL, nn. 307-312).

Una parola che il papa declina nelle diverse forme del perdono, dell’accoglienza, dell’integrazione, dell’accompagnamento, e, non da ultimo, del rispetto per la gradualità della crescita personale di ognuno verso un amore sempre più autentico. Una prospettiva globale che attende un’impegnativa ricaduta pastorale: si tratta di ripensare forme efficaci e personalizzate di accoglienza e di valorizzazione (AL, Capp. VI e VIII). Ma, ancor prima, una prospettiva radicalmente evangelica, che iscrive l’Amoris laetitia nel cuore di questo anno giubilare che celebra la misericordia di Dio.

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