- Che ogni vissuto è essenzialmente il vissuto di un io e da esso imprescindibile.
- Che sono possibili inganni di empatia: dove è il confine con la mia immaginazione? E’ l’esame di realtà a smentirmi perché io posso ingannarmi attribuendo ad un altro una mia caratteristica individuale ad esempio ad un bambino la mia capacità di giudizio, ma,  stando attenta al rimando dell’altro, posso correggere il mio atto empatico con un altro; comunque anche il fraintendimento, rettificato successivamente, è  una forma di comprensione e conoscenza.
- Che posso giungere in prossimità dell’altro, ma mai potrò sentire ciò che egli vive e sente in se stesso;  non c’è possibilità di immedesimazione, questo a garanzia del margine di libertà impenetrabile dell’altro.
 
L’altro si dà a me nel linguaggio e mi chiama alla comprensione di sé, alla responsabilità del mio pormi di fronte a lui.  All’opposto c’è  la rinuncia alla comprensione….